venerdì 20 dicembre 2013

Carlo Brunetti | Thule - Il Segno del Comando | BookTrailer HD


mercoledì 6 novembre 2013

THULE è su "Letture fantastiche".

Il romanzo THULE è stato recensito sul portale web dedicato alle "Letture fantastiche" di Gianluca Turconi.
Un altro importante riconoscimento per il romanzo/storico/noir di Carlo Brunetti.
Per vedere le pagine dedicate al volume è possibile collegarsi ai seguenti link:




martedì 22 ottobre 2013

Crowdfunding.

Si segnala che alle pagine http://www.kapipal.com/50ea2853ec8d43fa979ad53952d7380a e http://www.produzionidalbasso.com/pdb_3029.html è possibile contribuire alla pubblicazione del romanzo.
Infatti, ho deciso di avviare una raccolta fondi per migliorare il volume (con una operazione di editing professionale) in modo da renderlo ancora più appetibile per un editore.
L'invito che rivolgo agli amici e ai lettori è di donare almeno 20 euro per il comune progetto.
Per ogni donazione superiore ai 20 euro verrà consegnata in omaggio una copia del romanzo ad avvenuta pubblicazione.







giovedì 10 ottobre 2013

Thule, noir ambientato in carcere: l'autore è il direttore.

In carcere si scrive molto. Per i detenuti scrivere rappresenta uno sfogo, una presa di coscienza, una fuga. E qualcuno ci riesce anche bene e diventa, ma forse lo era già, grande poeta (Nâzım Hikmet-Ran ad esempio) o valente scrittore (tra gli americani mi vengono in mente Caryl Chessman e più recentemente Edward Bunker, tra gli italiani penso a Carmelo Musumeci, a Sandro Bonvissuto e anche a Massimo Carlotto, il principale esponente della narrativa noir in Italia, che deve molto del suo lavoro alle conoscenze maturate nell'ormai lontano periodo della sua carcerazione).
Ma la sorpresa-novità è che la "vena letteraria nata in carcere" questa volta ha "toccato e colpito" un direttore di carcere che fino a qualche tempo fa conoscevo come autore di saggi scientifici e manuali per la formazione e l'aggiornamento del personale dell'Amministrazione penitenziaria e che ora scopro come scrittore di un noir ambientato a Regina Coeli.
Parlo di Carlo Brunetti e il titolo del suo romanzo è Thule, il segno del comando, 300 pagine, dove il protagonista è proprio il direttore dell'Istituto, giovane e brillante che si trova improvvisamente alle prese con un pestaggio e un suicidio-omicidio (se l'uno o l'altro si scoprirà leggendo).
Ma c'è di più, c'è anche la storia in questo romanzo, o meglio ci sono misteri e riferimenti che vanno indietro nel tempo, a Himmler, alle SS, alle spedizioni in Tibet in cerca delle origini del Reich, a Odessa, al ruolo del cardinale Montini (futuro Papa Paolo VI) nella fuga di molti gerarchi nazisti.
Un bel lavoro questo di Carlo Brunetti e del tutto nuovo nel suo genere: se fino a ieri eravamo abituati a poliziotti che diventano giallisti come Maurizio Matrone (Fiato di Sbirro, Delitti per le feste...), a magistrati che diventano autori di saggi e romanzi come Gianrico Carofiglio (il Silenzio dell'onda, Cocaina...) e Gianni Simoni (Il caffè di Sindona, Pesca con la mosca...), ecco adesso il direttore di carcere scrittore. Caso unico, così credo, in Italia.
Mi dice Carlo Brunetti: 
Ho voluto realizzare un romanzo giallo ambientato in un carcere e dove i protagonisti sono il direttore, gli agenti, gli operatori tutti di questa complessa realtà e naturalmente i detenuti. Per far vedere il carcere per quello che è con gli uomini che vi sono al suo interno. Contro il pregiudizio che fa parlare del carcere come qualcosa di ignoto e asfittico... quando al contrario racchiude persone...
Prendo il suo libro. A pagina 21 e seguenti il protagonista, il neo direttore di Regina Coeli Carlo Maria Ferrero, alle prese con un pestaggio avvenuto in cella, ragiona così:
Non era quella l'idea del carcere che aveva in testa e sebbene la violenza facesse parte della reclusione, così, gratuita, anche dopo anni di lavoro, non la sopportava, non la comprendeva... Certo la violenza abita il mondo fin dalla sua nascita... ma qui in carcere era diverso...era una violenza più profonda e odiosa. Di un potente contro un indifeso. Di un sistema contro un elemento. Dello Stato contro un individuo. Detenuto. Ma chi detiene cosa? Il carcere detiene gli uomini e la loro libertà. I rinchiusi detengono la colpa?...
Riflessioni sulla pena a parte, il romanzo ci porta a fare conoscenza con personaggi come il carismatico detenuto modello Reiner "aria di un lupo bianco, occhi grigi e taglienti, zigomi scuri...bibliotecario, archeologo, studioso di religioni e orientalista, classe 1908 e simpatizzante, diciamo di destra, detenuto in attesa di giudizio per aver partecipato all'organizzazione di un attentato terroristico, il 2 agosto 1969..." o come il cappellano Mirko Juric che inavvertitamente scopre gli avambracci dove "una serie di cicatrici disegnavano una ragnatela di cui non si intuiva la fine. Al centro, una piccola croce attorniata da una lettera: U".
Tutti tratteggiati con maestria come anche i personaggi minori o come quelli che restano nell'ombra ma che tessono le loro trame. Tra tutti ovviamente emerge Carlo Maria Ferrero il direttore del carcere che si porta dietro il suo personale confronto-scontro col padre "mio padre non si preoccupa di nessuno se non di se stesso: la magistratura serve solo a lui, al partito, alla sua carriera...".
E che da direttore di Regina Coeli diventa anche investigatore. Investigatore dentro il carcere romano dove, all'insaputa o meno dei vertici dell'istituto, si tengono culti misterici, dove fanno la loro comparsa una fantomatica signora Wilson, i servizi segreti, la Cia... in un tutt'uno pericoloso e pieno di suspance.
Ma dove alla fine Ferrero "troverà presto la via per leggere i fatti ... dove troverà nemici, personaggi ambigui, ma anche amici...[rinchiusi] in un mondo piccolo, un microcosmo, dove tutto sembra più grande di quello che è. E dove per ogni evento che turba il suo equilibrio ce ne sarà un altro che lo ristabilirà..."...[fino al momento in cui] "le forze oscure di un qualsiasi male sarebbero svanite per sempre, perché ora il cielo ha davvero una regina".
"Thule, il segno del comando" (in attesa che venga edito da qualche casa editrice) si acquista in rete tramite il mio libro.it. Forse il primo di una serie di gialli ambientati in carcere come è nelle intenzioni di Carlo Brunetti, dirigente penitenziario, professore di diritto e ora scrittore di noir.




martedì 24 settembre 2013

Estratto del libro.


Per tutti gli amici lettori ecco un estratto del libro in pdf.
Questo dovrebbe permettervi di assaggiare l’opera comodamente da casa e rendervi conto immediatamente se gradite lo stile di scrittura e la storia.
Il libro può essere acquistato o sul portale www.ilmiolibro.it o ordinandolo presso le librerie Feltrinelli.

Buona lettura!!




Giveaway.

Come anticipato su Facebook, ho deciso di fare un piccolo giveavay al raggiungimento dei 100 face-amici e/o commenti!

Partiamo dal cosa: selezionerò casualmente 3 nominativi che riceveranno, ognuno, una copia di THULE. Il tutto, chiaramente, senza alcuna spesa. 

Anche il come è semplicissimo: lasciate un commento qualsiasi a questo messaggio sul blog nei giorni compresi fra oggi, martedì 24 settembre, e le 18.00 di lunedì 28 ottobre. E’ valido un solo commento a persona. Non è importante cosa scriverete – certo, se non fate un copia-incolla della Divina Commedia è meglio! – ma dovete “firmare” il commento con un indirizzo email valido: l’indirizzo sarà visibile solo a me e mi servirà per contattare i tre vincitori. 

Finiamo poi con il quando: potrete partecipare dal momento in cui vedete questo messaggio fino alle 18.00 di lunedì 28 ottobre. La comunicazione dei vincitori verrà fatta qui sul blog martedì 29 ottobre. 


 Buona fortuna!


martedì 3 settembre 2013

L'opera.

Si invitano tutti i lettori del Romanzo di Carlo Brunetti dal titolo "Thule - Il segno del comando" a leggere le prime pagine del volume all'indirizzo http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1009565/THULE#! 
 Dopo la lettura potranno decidere se acquistare o meno il volume pubblicando un breve commento sulla pagina del Romanzo.


venerdì 2 agosto 2013

Amazon e Feltrinelli.

Cari Amici e lettori del blog finalmente il romanzo "THULE - Il segno del comando" di Carlo Brunetti può essere acquistato anche su AMAZON e/o ordinato presso le librerie FELTRINELLI.
L'invito che rivolgo a tutti coloro che hanno letto il libro o lo leggeranno è di scrivere un breve commento sui portali dove hanno acquistato il testo.
In particolare sul sito web www.ilmiolibro.it è possibile lasciare traccia di brevi commenti e indicare un feedback positivo.
Grazie.





giovedì 25 luglio 2013

Finalmente il Romanzo!!!

Finalmente il romanzo dal titolo "THULE - Il segno del comando" esiste e può essere acquistato (sia in formato cartaceo che digitale) all'indirizzo http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=1009565
Spero che i tanti amici e curiosi che mi hanno seguito in quest'ultimo anno acquistino il volume facendomi, poi, conoscere il loro pensiero su quanto realizzato.
Un caro saluto a tutti.


lunedì 17 giugno 2013

Grazie!

Vorrei cogliere l'occasione per ringraziare i tanti amici (vecchi e nuovi) che con i loro consigli e commenti mi hanno consentito di migliorare il progetto in corso d'opera.
Nonostante, infatti, quasi tutti abbiano preferito scrivermi email private (anziché utilizzare il blog)  per parteciparmi le loro impressioni e propormi i loro consigli, la quantità di informazioni raccolte mi è stata di grandissima utilità.

Non è stato facile, ma l'opera è finita!
E' giunto, quindi, il momento di proporre il volume all'attenzione delle giurie dei concorsi letterari e di un Editore.

Un caro ringraziamento a tutti e sempre...buona lettura.




mercoledì 5 giugno 2013

Titolo dell'opera.

Finora ho sempre immaginato che il titolo dell'opera fosse "Thule - il segno del comando"; ora, però, in conclusione, mi interrogo se il titolo scelto sia tale da:

  • stimolare un elevato interesse nei lettori;
  • riflettere coerentemente i contenuti che risultano importanti per chi legge;
  • essere formulato positivamente.
 
Ogni opera letteraria deve avere un titolo che non può essere banalizzato, perchè è un vero e proprio messaggio pubblicitario destinato a stimolare l'interesse del lettore.
La domanda che vi rivolgo è, quindi, se il titolo debba essere modificato o possa rimanere immutato.
In attesa di ricevere i consigli sollecitati, continuo a dedicarmi alla non semplice revisione di quanto realizzato e alla raccolta di materiale illustrativo che andrà ad arricchire i singoli capitoli.
 
 
 

giovedì 23 maggio 2013

ilmioesordio.

Ho scoperto che: è partita la terza edizione di ilmioesordio, il concorso del sito ilmiolibro.it dedicato ai nuovi talenti della narrativa italiana.
La selezione delle opere è affidata a Scuola Holden, la scuola di scrittura fondata da Alessandro Baricco, ma contribuiranno alla valutazione anche i lettori, che potranno leggere le opere in concorso ed esprimere un giudizio pubblicando una recensione. 
Partner editoriale d’eccellenza l’editore Feltrinelli, che conferma l’attenzione per le nuove voci della narrativa e i nuovi linguaggi.

Novità di quest’anno, il premio raddoppia: vista la grande partecipazione di scrittori e lettori, Feltrinelli premierà con la pubblicazione non più un solo titolo bensì due. Oltre al migliore romanzo o libro di racconti verrà pubblicata infatti anche la migliore opera della sezione gialli.

Il concorso è diventato in breve tempo la più vasta iniziativa in Italia di raccolta e selezione di nuove opere letterarie, molte delle quali scritte da giovani autori. Il vincitore dello scorso anno, Francesco Fracassi, classe 1984, arriva in questi giorni in libreria con il suo Aumarais, pubblicato nella collana “i Narratori” di Feltrinelli: un raffinato romanzo giallo che fonde poesia e mistero.

Potranno partecipare all’edizione 2013 i romanzi, i gialli e i libri di racconti inediti inviati entro il 6 agosto attraverso il sito ilmiolibro.it, la più grande comunità italiana di scrittori e lettori sul web. I vincitori saranno resi noti in autunno.


Ho deciso che la selezione sarà il primo banco di prova del mio romanzo.


mercoledì 8 maggio 2013

Revisione finale.

La forma non conta certo quanto il contenuto, si sa, ma anche l’occhio vuole la sua parte. Quale editor leggerebbe mai un manoscritto di uno sconosciuto che oltrettutto si presenta disordinato o poco curato?
Se sfogliando poche pagine del romanzo un editore dovesse incappare in un susseguirsi di errori ortografici, apostrofi al posto di accenti e quant’altro, credete possa essere molto propenso a investire il suo denaro per pubblicarvi?
Io non credo!
Ecco perchè sto lavorando alla revisione finale dell'opera.
Ho quasi terminato, infatti, la prima bozza e sto tirando le somme sul modo in cui ho "proceduto" in questa piccola avventura personale. Dopo aver fatto la scaletta degli eventi ho fatto la suddivisione degli stessi in capitoli e ho trovato un titolo per ognuno di essi; dopo di questo ho iniziato a scrivere. 
Ora che mi trovo al termine di questa fase voglio cercare di correggere gli errori e "mettere più ciccia" nel racconto, inserendo dettagli e particolari e cercando di renderlo un pò più organico.
Vedremo cosa ne verrà fuori! 


lunedì 15 aprile 2013

Paese Sera.

Paese Sera era, inizialmente, il nome dell'edizione pomeridiana del quotidiano Il Paese di Roma, fondato il 21 gennaio del 1948 per iniziativa del Partito Comunista Italiano allo scopo di disporre – nei mesi immediatamente precedenti alle elezioni del 18 aprile, con il clima politico pesantemente surriscaldato dalla contrapposizione tra DC e Fronte Democratico Popolare – di un organo di informazione che si ponesse in alternativa degli altri quotidiani romani Il Messaggero e Il Tempo, in quel tempo entrambi di orientamento conservatore.
Pubblicato dalla società GATE di Amerigo Terenzi, ex amministratore del quotidiano l'Unità, il giornale ebbe come primo direttore Tomaso Smith, già caporedattore de Il Messaggero prima dell'avvento del fascismo, e quindi fondatore nell'immediato dopoguerra del quotidiano Il Momento.
All'edizione principale seguirono le edizioni del pomeriggio con la testata denominata Paese Sera. Alla fine degli anni cinquanta e per tutti gli anni settanta aveva sei edizioni giornaliere. Alla fine degli anni cinquanta il nome si trasformò definitivamente, anche per l'edizione del mattino, in Paese Sera, soppiantando la testata Il Paese. Il primo numero dell'edizione del pomeriggio uscì il 6 dicembre del 1949, e ben presto Paese Sera acquisì un'ampia diffusione, soprattutto grazie ai suoi articoli di "cronaca nera" e di "cronaca rosa".
La crisi cominciò a far sentire i suoi effetti con la concorrenza di nuovi quotidiani come La Repubblica e Reporter. Anche l'espandersi del fenomeno delle emittenti radio e TV private contribuiva a sottrarre lettori al giornale, mentre già era iniziato il lento abbandono del giornale ad opera del PCI che, evidentemente, non contava più sull'appoggio di una testata "collaterale", nonostante il giornale nel 1980 vendesse ancora 100.000 copie al giorno più 13.000 in abbonamento. La proprietà del giornale venne così ceduta da Terenzi alla società Impredit, che il 3 aprile del 1983 inviò le lettere di licenziamento a tutto il personale. La chiusura "d'autorità" di uno dei maggiori quotidiani nazionali destò scalpore.

martedì 12 marzo 2013

Società Thule.

La Società Thule (in tedesco: Thule-Gesellschaft) fu una società segreta di carattere Nazionalista e costituì il nucleo originale del Partito nazista, Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei (NSDAP).


Il Motto della Thule-Gesellschaft era:



« Gedenke, dass Du ein Deutscher bist. Halte dein Blut rein! "
« Ricorda che sei un tedesco. Conserva il tuo sangue puro! »


La Società Thule fu fondata nel 1910 da Felix Niedner, che tradusse in tedesco il libro Old Norse Eddas. La società fu influenzata anche dagli scritti di Lanz von Liebenfels, un misto di teosofia, paganesimo nordico, antisemitismo, mistificazione dell'alfabeto runico.
La Società Thule fu trasferita il 18 agosto 1918 a Monaco, su iniziativa di Rudolf Glauer, Barone Rudolf von Sebottendorff di adozione, capo del ramo bavarese del Germanenorden. La Thule stessa era, almeno inizialmente, un'affiliazione a Monaco del Germanenorden. Il gruppo si riuniva ogni sabato nelle ampie e lussuose stanze dell'albergo di lusso Hotel "Vier Jahreszeiten". Contava un totale di 500 membri nella Baviera, di cui 250 nel capoluogo Monaco.
Thule-Gesellschaft era il nome di un gruppo di studiosi di storia germanica, esistente da parecchi anni, sotto la direzione di Walter Nauhaus, il quale autorizzò von Sebottendorff a utilizzare questo nome come pseudonimo del Germanenorden Walvater[2]. Il Germanenorden era un gruppo segreto di studiosi di storia germanica, formatosi a Berlino nel 1912 e diretto prima di allora da Theodor Fritsch, Phillip Stauff e Hermann Pohl. Durante la prima guerra mondiale si divise in due gruppi, l'originale Germanenorden e il Germanenorden Walvater.
La Thule fu subito caratterizzata da un acceso nazionalismo e da un intenso antisemitismo. Vide tra i suoi adepti Karl Harrer, Dietrich Eckart, Anton Drexler, Rudolf Hess, Alfred Rosenberg, Hans Frank, Karl Eckhardt, Gottfried Feder.
Le riunioni erano segrete; il fatto che la Thule fosse nota al mondo esterno come Germanenorden servivano in primo luogo a depistare le indagini dell'Armata Rossa sui loro attivisti.[senza fonte]
Hans Frank, giurista e futuro governatore nazista della Polonia, lavorava all'epoca per una società di ricerche araldiche e genealogiche, guidata dal dott. William Daumenlang, che rimase entusiasta di una propria scoperta, secondo la quale lo stemma degli Hohenzollern conteneva una croce a svastica.[senza fonte]
La società Thule sarebbe strettamente legata a una società segreta tedesca, l'Ordine dei Nuovi Templari, fondata nel 1912.
Il 7 novembre 1918 Kurt Eisner, intellettuale ebreo e sostenitore della Lega delle Nazioni, proclamò la nascita di una Repubblica Socialista a Monaco, destando le ire dei nazionalisti tedeschi che temevano la realizzazione del disegno di Marx e Engels in tutta la Baviera, ovvero in tutta la Germania con una Repubblica Socialista a Berlino. Il 9 novembre von Sebottendorff pronunciò un appassionato discorso davanti alla Thule, incitando i membri a una resistenza contro l'Armata Rossa, e divenendo il capo della Thule di Monaco.
Rudolf von Sebottendorff acquistò nel 1918 il Münchener Beobachter (Osservatore di Monaco), un piccolo settimanale locale stampato per la prima volta nel 1868. Sebottendorff lo rinominò Munchener Beobachter und Sportblatt, facendone l'organo di stampa ufficiale della Thule. Dietrich Eckart fornì la somma necessaria all'acquisto, sebbene von Sebottendorff provenisse da una famiglia molto ricca. Nel 1919, Sebottendorff incaricò Georg Muller della direzione del giornale, e fra i suoi collaboratori scelse Wilhlem Laforce eMarc Sesselmann, e Gottfriend Feder. Anni più tardi, il giornale cambierà di nuovo nome e diventerà il Völkischer Beobachter (Osservatore del Popolo), l'organo di stampa ufficiale del partito nazista.
La Thule attinse a piene mani dalle teorie del professore di geopolitica Karl Haushofer, convinto assertore del ritorno della grande Germania e dell'espansione ad est al fine di costituire un solido "spazio vitale" che avrebbe a sua volta garantito il dominio sul mondo, dagli insegnamenti di uno strano monaco cistercense allontanato dalla Chiesa, Adolf Lanz von Liebenfels, fondatore dell'"Ordine dei nuovi Templari", una sorta di setta che predicava l'esistenza della razza superiore formata dagli ariani, che erano ritenuti semidei col compito di liberare il mondo dagli ebrei. La Thule si ispirò molto anche al Buddhismo tibetano deformandone i contenuti ed anche alle dottrine esoteriche di madame Helena Petrovna Blavatsky, la celebre medium e occultista, fondatrice della Società Teosofica Internazionale, che sosteneva di essere in contatto telepatico con gli antichi "Maestri sconosciuti", i sopravvissuti di una razza eletta, che sarebbe vissuta tra Tibet e Nepal, i quali si sarebbero rifugiati in seguito a una spaventosa catastrofe nelle viscere della terra, dove avrebbero fondato una straordinaria civiltà sotterranea, la mitica Agarthi.
Gli appartenenti a Thule miravano, attraverso la telepatia e attraverso specifici riti occulti, che si svolgevano solitamente nei boschi e vicino a corsi d'acqua, ad entrare in contatto con questa sorta di superuomini, al fine di ricostituire la razza superiore.[senza fonte]
L'eredità ideologica della società Thule fu raccolta dal Partito Nazionalsocialista tedesco (NSDAP). Adolf Hitler e il suo movimento forgiarono il loro pensiero e cominciarono la loro scalata proprio all’ombra di personaggi controversi come Glauer ed Eckart. Hitler fu iniziato alla Società Thule nel 1919 da Dietrich Eckart, che in quel periodo ne era il leader. Hitler dedicò successivamente il Mein Kampf a Eckart[4]. Non ci sono testimonianze in merito al fatto che Hitler abbia preso parte a riunioni della Thule, dopo l'iniziazione. Nel 1920, Hitler diventerà la guida del Partito Nazionalsocialista.
La società Thule fu una delle prime organizzazioni soppresse da Hitler dopo la sua ascesa al potere, insieme ad altre società esoteriche (si dice inviando diversi suoi membri neicampi di concentramento, ma alcuni storici sostengono che sia stata solo un'operazione di camuffamento, di finta morte recitata della Thule), mentre altri diventarono gerarchi del regime nazista.
Nel 1941, Adolf Hitler per impedire che altri potessero acquisire conoscenze esoteriche superiori alle proprie, sciolse le società segrete, tra cui la Thule, che però continuò la sua attività sotto l'unità segreta SS E-IV (Entwicklungsstelle 4), Nucleo di Ricerca Tecnica E-IV delle SS.

Nel romanzo è fondamentale la storia della Società Thule. Il segreto che Schmidt preserva dal mondo trova le proprie radici nella Thule.
Anche don MirkoJuric ha un passato complesso. 


      Società Thule                                                                            L'Emblema della 
                                                                                                     Thule Gesellschaft



L'Emblema della Thule Gesellschaft 
precursore del NSDAP

Thule svastica

La svastica Thule si distingue da altre forme di svastica dai bracci curvi. Questa è la vera forma della svastica "nordica", che rappresenta la "frusta della creazione" e la spirale galattica.



Thule (mito).


Thule (o anche, in italiano, Tule) è un'isola divenuta leggendaria citata per la prima volta nei diari di viaggio dell'esploratore greco Pitea (Pytheas), salpato da Marsiglia verso il 330 a.C. per un'esplorazione dell'Atlantico delNord. Nei suoi resoconti (screditati da Strabone ma oggi considerati attendibili) si parla di Thule come di una terra di fuoco e ghiaccio nella quale il sole non tramonta mai, a circa sei giorni di navigazione dall'attuale Regno Unito.
Nel corso della tarda antichità e nel medioevo il ricordo della lontana Thule ha generato un resistente mito: quello dell'ultima Thule, come fu per la prima volta definita dal poeta latino Virgilio nel senso di estrema, cioè ultima terra conoscibile, e il cui significato nel corso dei secoli trasla fino a indicare tutte le terre "aldilà del mondo conosciuto" , come indica l'origine etrusca della parola "tular ", confine. [1][2] Il mito, che possiede molte analogie con altri miti, ad esempio con quello dello Shangri-La himalaiano, ha affascinato anche in epoca moderna.
Esso è stato anche alla base della formazione di gruppi occulti come quello tedesco della Società Thule (Thule Gesellschaft) (fondata il 17 agosto 1919) e che identificava in Thule l'origine della saggezza della razza ariana, popolata da giganti con i capelli biondi, gli occhi azzurri e la pelle chiara, che un tempo dominavano il mondo, successivamente perso per aver consumato relazioni sessuali con membri di altre razze, inferiori, subumane e in parte animali.
In effetti, nel mito tuleano di una terra abitata da una razza umana sotto certi aspetti "superiore", identificata sovente con il popolo degli Iperborei, organizzata in una società pressoché perfetta, si possono facilmente ritrovare alcune delle basi del concetto — accolto e divulgato dal nazismo — di razza ariana, ovvero superiore a qualsiasi altra e dunque inevitabilmente dominante sul mondo.




giovedì 7 marzo 2013

Papa Paolo VI.


Papa Paolo VI, nato Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini (in latino: Paulus VI; Concesio, 26 settembre 1897 –Castel Gandolfo, 6 agosto 1978), è stato il 262º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, Primate d'Italia e 4º sovrano dello Stato della Città del Vaticano a partire dal 21 giugno 1963 fino alla morte. 
È venerabile dal 20 dicembre 2012, dopo che papa Benedetto XVI ne ha riconosciuto le virtù eroiche.
Nel 1931, durante il suo lavoro nella FUCI, Montini aveva avuto l'incarico di visitare celermente Germania e Svizzera, per organizzare la diffusione dell'enciclica Non abbiamo bisogno, nella quale Pio XI condannava lo scioglimento delle organizzazioni cattoliche da parte del regime fascista. Nel 1933 ebbe termine il suo impegno di essere assistente ecclesiastico nazionale della FUCI.
Il 13 dicembre 1937 fu nominato sostituto della Segreteria di Stato; iniziò a lavorare strettamente al fianco del cardinale segretario di stato Eugenio Pacelli. Il 10 febbraio 1939, per un improvviso attacco cardiaco, Pio XI morì. Alle soglie della seconda guerra mondiale, Eugenio Pacelli venne eletto pontefice con il nome di Pio XII.
Poche settimane dopo, Montini (sempre con il ruolo di sostituto) collaborò alla stesura del radiomessaggio di papa Pacelli del 24 agosto per scongiurare lo scoppio della guerra, ormai imminente; sono sue le storiche parole: « Nulla è perduto con la pace! Tutto può esserlo con la guerra »
Durante tutto il periodo bellico svolse un'intensa attività nell'Ufficio informazioni del Vaticano per ricercare notizie su soldati e civili. Il 19 luglio 1943 accompagna Pio XII nella visita al quartiere San Lorenzo colpito dai bombardamenti alleati. Nel 1944, alla morte del cardinale Luigi Maglione, il futuro papa assunse la carica di pro-segretario di Stato; insieme a Domenico Tardini (futuro segretario di stato di Giovanni XXIII), Montini si trovò a lavorare ancora più a stretto contatto con Pio XII.
In questo periodo fu l'organizzatore delle trattative che la principessa Maria José di Savoia, nuora del re Vittorio Emanuele III, in tutta segretezza andava allestendo con gli Americani per giungere ad una pace separata. I Savoia cercavano infatti di sganciarsi da Benito Mussolini, per potersi distinguere dai responsabili della prevista disfatta e garantirsi quindi la sopravvivenza politica a guerra conclusa. Il ruolo di Montini fu proprio quello del mediatore che ricercò i contatti e condusse gli incontri.
Va ricordato che la guerra fu occasione di violentissime polemiche relative al ruolo della Chiesa, e in particolare di Pio XII che fu accusato di aver mantenuto verso i tedeschi, cioè verso il Nazismo, un atteggiamento troppo distaccato, anzi sospetto di collaborazionismo. Montini fu investito appieno dalla tempesta, stante la centralità della sua posizione e la sua strettissima vicinanza al Papa, e si trovò a dover difendere se stesso ed il Pontefice dalle accuse di filo-nazismo. Il sospetto veniva poi accresciuto dalla considerazione degli esiti delle dette trattative di Maria José, il cui eventuale successo sarebbe stato contrario agli interessi di Berlino.
Per contro, va menzionato che Montini si occupò più volte e a vario titolo dell'assistenza che la Chiesa forniva ai rifugiati ed agli ebrei (ai quali distribuì ripetute provvidenze economiche a nome di Pio XII), oltre ai 4.000 ebrei romani che la Chiesa di nascosto riuscì a salvare dalle deportazioni, azione che, secondo alcuni studiosi, la Chiesa non avrebbe potuto compiere se si fosse schierata apertamente contro la potenza bellica tedesca.
Al termine della seconda guerra mondiale, Montini era in piena attività per salvaguardare il mondo cattolico nello scontro con la diffusione delle idee marxiste; ma in modo meno aggressivo rispetto a molti altri esponenti. Nelle elezioni amministrative del 1952 non fece mancare il suo appoggio ad uno dei politici che stimava di più, Alcide De Gasperi.
Il 29 novembre fu nominato pro-segretario di Stato per gli Affari straordinari.
Il 1º novembre 1954, dopo la morte di Alfredo Ildefonso Schuster, Pio XII lo nominò arcivescovo di Milano. A molti questo parve un allontanamento dalla Curia romana, perché improvvisamente egli venne estromesso dalla Segreteria di stato e assegnato all'arcidiocesi ambrosiana per precise disposizioni di papa Pacelli.
Alla morte di Pio XII, il conclave elesse papa, il 28 ottobre 1958, l'anziano Patriarca di Venezia, Angelo Giuseppe Roncalli, il quale aveva grande stima di Montini, (fra i due vi era una consolidata amicizia fin dal 1925), tanto che lo inviò in molte parti del mondo a rappresentare il papa.
Montini fu il primo cardinale nella lista dei porporati creati da Giovanni XXIII nel Concistoro del 15 dicembre 1958. Del resto avevano avuto stretti rapporti di collaborazione quando erano entrambi arcivescovi.
Il breve ma intenso pontificato di Giovanni XXIII vide Montini attivamente coinvolto, soprattutto nei lavori preparatori del Concilio Vaticano II, aperto con una solenne celebrazione l'11 ottobre 1962. 
Il concilio però si interruppe il 3 giugno 1963 per la morte di papa Roncalli, malato da qualche mese.
Il Conclave che seguì si concluse con l'elezione di Montini, che assunse il nome di Paolo VI, il 21 giugno 1963. 
L'incoronazione si svolse in piazza San Pietro la sera di domenica 30 giugno 1963.

E' al Cardinale Montini che, nel romanzo, Juric scrive del nuovo direttore e delle sue iniziative gestionali.
E' al Cardinale Montini che Juric chiede di intervenire quando la vicenda sta volgendo al peggio.






Lhasa.




Lhasa (in tibetano "trono di Dio") situata a 3650 m di altitudine nella valle del Kyi Chu, è la principale città del Tibet, territorio fin dal 1750 direttamente o indirettamente controllato dalla Cina (e ora dalla Repubblica Popolare Cinese). 
Attualmente Lhasa è, quindi, la capitale della Regione Autonoma del Tibet. 
Era anche la residenza tradizionale del Dalai Lama.
Era già un importante centro amministrativo quando il sovrano Songten Gampo (618-649) proseguì nell'opera di unificazione delTibet. Nello stesso periodo furono costruiti la fortezza del Palazzo del Potala e il tempio del Jokhang per ospitare le effigi delBuddha portate in dote dalle mogli, una cinese e l'altra nepalese. 
Da Lhasa i re di Yarlung governarono per 250 anni.
Nel 1642 divenne capitale del Tibet quando il 5° Dalai Lama costruì la sua residenza sulle rovine del vecchio Potala.
Nel 1950 Lhasa e tutto il Tibet vennero invasi dalla Cina ed assoggettati alla sua amministrazione.

E' verso Lhasa che la spedizione delle SS prende le mosse. Sarà un viaggio pieno di pericoli oltre che faticoso e avventuroso.
Solo la ferma determinazione dei protagonisti consentirà di raggiungere l'ambizioso obiettivo.







Ratline.


La Ratline per i nazisti è stata raccontata nel libro omonimo dei giornalisti Mark Aarons e John Loftus, australiano il primo e statunitense il secondo.
Alla fine del secondo conflitto mondiale le vie del ratto ("Rat Lines", nome coniato dai Servizi Segreti Militari americani. In tedesco "Rattenlinien"), venne creata per far evacuare alcuni agenti dei servizi tedeschi, ma anche molti gerarchi nazisti. Esistevano due grandi vie di fuga: una rete organizzata del vescovo Alöis Hudal era specializzata nella fuga dei criminali di guerra tedeschi, ed una seconda rete specializzata negli ustascia croati, diretta e coordinata da Padre Krunoslav Draganović, segretario dell'Istituto Croato di San Girolamo, il principale organizzatore delle ratline utilizzate da noti criminali di guerra per sfuggire alla giustizia.
Scopo di tali operazioni era quello di utilizzare queste persone, nonostante le gravissime colpe di cui si erano macchiati, nell'intento di combattere la minaccia comunista globale. Questa esigenza nasceva dal fatto che proprio i nazisti avevano combattuto in prima linea i russi ed i partiti comunisti nei paesi occupati.
Nel 1947, appena finita la guerra e in piena occupazione alleata, i nazisti che sono riusciti a scampare al processo di Norimberga danno vita ad un'organizzazione dal nome O.D.E.SS.A, acronimo che sta per Organisation der Ehemaligen SS-Angehörigen (in tedesco Organizzazione degli ex-membri delle SS). Tale organizzazione si prefiggeva di spostare capitali, accumulati per lo più sottraendoli alle vittime dell'Olocausto, all'estero e di produrre documenti per evacuare i membri in paesi sudamericani. La maggior parte dei fuggitivi raggiungeva clandestinamente l'Italia e attraverso lasciapassare della Croce Rossa Internazionale o del Vaticano, con la compiacenza e l'appoggio di alti prelati, riuscivano a raggiungere l'Argentina ed altri stati sudamericani.

Reimann fugge dalla Germania grazie ad O.D.E.SS.A.
Juric lo aiuta a raggiungere l'Italia attraverso la ratline.



martedì 5 marzo 2013

Ghetto ebraico di Roma e la tradizione enogastronomica.


Fu con la  bolla Cum nimis absurdum che il Papa Paolo IV nel 1555 istituì quello che poi è diventato uno dei più antichi e meravigliosi “ghetti” del mondo.

E’ nell’arco di  quelle piccole stradine romane che si intrecciano tra la Chiesa di Santa Maria del Pianto, i resti del Portico d'Ottavia e la riva del Tevere nei pressi dell'Isola Tiberina, dove gli ebrei furono relegati a vivere, ed è lì che, nel tempo, essi costruirono una parte importantissima della tradizione romana.

E' impossibile non rimanere incantati dalla maestosità della Sinagoga, dalle bellezze del Museo ebraico, e dai profumi delle trattorie storiche del quartiere, in cui è possibile degustare i piatti più tipici ed antichi della tradizione enogastronomica romana.

Tra queste vie il nostro protagonista (Carlo) trascorrerà parte del proprio tempo libero...tra passeggiate e cene prelibate.


Per il lettore più curioso...scarica il dépliant

Dame di San Vincenzo.

Compiono 150 anni i Gruppi di Volontariato Vincenziano attivi a Milano dal 19 novembre 1857, quando due nobildonne meneghine, Elisa Melzi d' Eril Sardi ed Elisa Lurani Cernuschi Del Carretto, diedero vita alla prima «Compagnia di San Vincenzo». L' esempio veniva dalla vicina Francia e dai gruppi ispirati all' opera di San Vincenzo de Paoli, attivo nella fondazione di associazioni caritative fin dall' inizio del ' 600. Attratte dall' idea di poter agire contro i disagi sociali e la miseria, le fattive signore milanesi aderirono numerose all' iniziativa benefica: erano nate così anche all' ombra della Madonnina le «Dame di San Vincenzo», con la missione di operare nei quartieri più bisognosi, a sostegno delle famiglie in difficoltà, dei malati, degli anziani. Tra le loro iniziative più conosciute la distribuzione quotidiana di cibo o indumenti, e le tradizionali «fiere» di autofinanziamento. 
Anche a Roma le Dame di San Vincenzo furono molto attive, portando conforto, ad esempio, ai carcerati.





Come si leggono i post?

Alcuni amici mi hanno chiesto quale regola segua per quanto riguarda i post pubblicati su questo blog.
E' chiaro che, come ho sempre precisato, il blog nasce dall'idea di avere un diario personale che affianchi il progetto di realizzare un romanzo giallo/noir/storico che possa essere pubblicato da una qualche casa editrice, ma è pur vero che non posso svelare ai lettori tutto quello che accade nell'opera.
Gli interventi presenti servono, quindi, a solleticare la mia fantasia ed a incuriosire i futuri lettori su quanto in fieri.
Peraltro, le informazioni pubblicate sono state postate in modo volutamente disordinato proprio al fine di consentire ai lettori più attenti di ricostruire, in futuro, dopo aver letto il romanzo,  il percorso logico del blog (il puzzle).

Portate pazienza.

Altra domanda che mi viene fatta di rito è: a che punto stai?
La risposta è che ho realizzato i primi nove capitoli e sto lavorando agli ultimi cinque o sei.
So che l'attesa è snervante ,-) ma bisogna attendere per vedere cosa riuscirò a partorire (spero, peraltro, per marzo c.a.).





mercoledì 27 febbraio 2013

Il centro del nuovo mondo - Wewelsburg.


Capitolo II - Wewelsburg.

F. Reimann archeologo, antropologo ed esploratore viene reclutato da Himmler per guidare una spedizione in Tibet alla ricerca di Agharti. 
I suoi studi hanno convinto il Fhurer che ripone molte speranze su di Lui. 
Reimann raggiunge, quindi, Himmler al castello di Wevelsburg. 

Voci riguardanti il massiccio coinvolgimento di molti gerarchi nazisti in pratiche occultistiche si sono rincorse per decenni, prima e dopo la fine della II Guerra Mondiale, appuntandosi in particolare sul secondo uomo più potente del III Reich, l’SS-Reichsführer Heinrich Himmler.
Se un luogo in particolare può essere associato alla figura di questo gerarca, così ossessionato dalla cultura misterica da ritenersi, secondo alcuni, la reincarnazione di Enrico di Svevia e così ferocemente convinto della necessità di sterminare le “razze inferiori” da venir definito dagli alleati il “ragioniere della morte”, questo luogo è uno strano castello del XVII secolo situato presso  Büren, in Nord Reno-Westfalia, che, nei sogni del  Reichsführer avrebbe dovuto diventare il centro del mondo: Wewelsburg.

Perché Himmler volle legare indissolubilmente il proprio nome a questo luogo, facendone il cuore della mistica delle “sue” SS? Alcuni hanno ritenuto che la ragione fosse il suo riconoscimento della zona del castello come incrocio e snodo fondamentale di linee energetiche sotterranee (che aveva imparato a conoscere durante le sue frequentazioni giovanili della Società Thule), altri che la Torre Nord del castello fosse un potente ricettacolo di energie magiche, indispensabili ai bizzarri rituali dei culti misterici nazisti. Molto probabilmente la realtà è molto più prosaica, anche se non meno “particolare”. La Westfalia era uno dei cuori storici della Germania, la terra di “Hermann e Widukind” come Himmler stesso affermò, e, di conseguenza, si prestava perfettamente al posizionamento del centro della rete delle SS. Il  Reichsführer aveva già opzionato altri due castelli nella regione prima di imbattersi, il 3 novembre 1933, durante un tour propagandistico, in Wewelsburg ed “innamorarsene” seduta stante: nell’agosto 1934, una volta consolidato il potere nazista nel Reich, il Comando Centrale delle SS affittò per 100 anni l’edificio dal Distretto di Büren per la somma nominale di un Reichsmark all’anno.

Reimann rimarrà affascinato dal luogo in parola.




venerdì 22 febbraio 2013

Che cos’è il tempo?

Che cos’è il tempo?

Si dice che il tempo sia la misura del movimento o, com’è per la storia, l’ordine di narrazione del mondo esteriore, ma come espressione dell’animo il tempo è affezione. I sentimenti sono fatti di tempo. Il ritmo del proprio respiro. Il tempo è l’esistenza della vita, nei racconti di ogni vita. L’etimo greco rimanda al dividere, “temnein”. Il tempo è quel che ci divide in noi stessi e da altri, ma che dividendo anche ci tiene insieme. Il tempo passa dividendoci, in noi stessi.

Come esiste…
passando, dividendoci, legandoci, separandoci, unendoci …

Qual è la sua natura?
L’affezione

Qual è lo spazio del tempo?
Il paese, la casa, il mondo, l’animo. Solo con il tempo lo spazio diventa un luogo. Così come un luogo senza tempo è solo spazio. Si può dire che con il tempo arrediamo lo spazio dell’animo dando luogo ai nostri sentimenti, a pensieri, ricordi, a voci ... 

L’essere è l’ “ è “ ?
L’essere è quel che diciamo che sia, quell’ «è» porta al linguaggio qualcosa che significa, stabilendo appunto in segno, in “essere”, lasciando intendere un ambito, un confine, un giudizio, una disgiunzione. 
L’esistenza e vita. Ogni «e» congiuntiva diventa «è» di una congiunzione esclusiva. L’essere è il segno scritto della vita, la trascrizione in segni della sua voce, quel che di dentro sentiamo, appunto, che sia. Nella sua unicità esclusiva. Platone diceva che noi che veniamo al mondo, trovandolo già  significato, non sapremo che cosa intendessero spiegare quelli che ci hanno preceduto dicendo  “essere”. Non possiamo saperlo, possiamo però sentirlo, provandolo in noi stessi, «paschein». 
L’essere “è” quel che diciamo di essere, dicendo di ciò che «è». Allora l’«è» di ogni giudizio congiunge quel che il tempo divide. Così il rimando dell’essere e del tempo è tale che l’uno congiunge ciò che l’altro divide. L’essere che diciamo è quel che decidiamo, ogni giudizio è una scelta di quel che siamo. Nell’esclusività della congiunzione dell’“è”, si nasconde e si pronuncia l’essere che siamo e diventiamo giudicando. Unire il diviso è il compito dell’essere, ma nella sua piena espressione resta quel che gli antichi diceva “tutt’uno”, “en panta” o semplicemente l’«uno». Siamo ognuno in Uno, partecipiamo dell’essere del tempo esistendo nella vita. 


Esiste un senso dell’essere che legittima il tempo? 
Il senso dell’essere è nel racconto della propria esistenza. Mettere la vita al mondo e dare mondo alla vita, questa è la congiunzione dell’unione e della disgiunzione. Nell’essere differenti. È l’esperienza di ogni giorno, in ogni luogo, per ognuno, ovunque ci sia mondo, ovunque si voglia colmare di vita il vassoio della terra che il mondo rappresenta. Il senso è l’affezione. 

C’è un tempo per ogni cosa?
C’è un tempo per ogni cosa e ogni cosa ha il suo tempo, la sua relazione, il suo legame. Lo proviamo ogni volta che abbiamo tra le mani qualcosa che ci rimanda a luoghi e persone. C’è un tempo per ogni cosa che misura la cura che ne portiamo. Il tempo è cura. Ed è questo il nesso: il tempo è la cura dell’essere che è cura del tempo che dividendoci ci unisce. 


Il tempo si pone come qualcosa che è distinguibile in parti e quindi divisibile: il presente, il passato e il futuro. In quale parte del tempo ha pensato di non avere tempo? 
Il tempo interiore passa e rimane, giace al fondo. Anche un presente adesso può portare la nostalgia del suo non essere più mentre ancora è. Il tempo noi lo sentiamo. In quale sentimento allora potrò dire di non avere tempo? La vita non ha tempo ovvero la vita senza esistenza è senza tempo. Eppure l’esistenza è felice quando solo è piena di vita. È quando l’esistenza non si conta, ma si vive. Assoluta. Assolta. Vera. È nelle cose che non sono vere che il tempo è perduto. Anche in un amore certo e non vero il tempo è perduto. La verità è allora espressione del tempo e dell’essere, del mondo e della vita. 
Tutto ciò che è falso, o soltanto certo, fa perdere il tempo.

Il passato costituisce il distendersi e l’accumularsi nella nostra memoria dell’esperienza e del nostro trascorrere, della nostra storia: nel tempo del ricordo cosa è andato perduto? 
Sì, la memoria, la storia, il ricordo, sono vasi del tempo, differenti. Sì, c’è in ognuno di essi un distendersi e raccogliersi. Sì, il vaso del ricordo è quello del tempo che si dà come perduto, ma che persiste. Il ricordo è il richiamo del cuore, meglio ancora è il risuonare. Il ricordo ci fa capire come il corpo nostro sia come uno strumento di risonanza. Un solo organo di tutti i suoi organi. Il ricordo viene quando vuole o quando noi vogliamo sentirci come eravamo e siamo in quel che eravamo. Il ricordo è il tempo più proprio, ma anche improprio, perché nel ricordo il corpo si fa risonanza di quante cose ci hanno toccato e sono state per noi vere, anche nel soffrire come nel gioire, nell’essere come siamo. Ognuno è come ricorda. La storia,  l’esperienza, saranno espressione di una ragione, di un canone, di uno schema di rapporti. Il ricordo è diverso. Viene anche senza ragione, come un motivo, non senza essere motivo di noi stessi. 

Nell'attraversare il tempo dell’attesa …
s’immagina quel che viene, si pensa, si ha di mira. Attendere non è aspettare, l’attesa è espressione 
del tendere a qualcosa, a qualcuno, l’aver di mira. Chi attende non aspetta niente. Chi si aspetta qualcosa annebbia la mira e si confonde. Attendere è aver cura. Come diceva il maestro del tiro dell’arco, ripetendo che bisognava tendere, avere di mira il gesto, l’arco e se stessi, non il bersaglio, per essere tutt’uno nel proprio mirare, senza aspettare di colpire in questo o quel che punto. 

L’attesa reclama lo stile. La mira reclama la meraviglia. L’aspettativa è vuota e ingombrante al tempo 
stesso. Impedisce. L’attesa è proprio di una tensione in sé di se stessi tale da mirare al proprio oblio e cogliere quel che di se stessi non si ha conoscenza. 

Il tempo è movimento?
Il tempo in fisica è misura del movimento. Il calcolo di un passaggio. Nella coscienza interiore il tempo misura il sentimento, ma senza un metro fisso, perché ogni sentimento ha il suo tempo differente. 
A chi diamo un tempo e a chi un altro, nella misura del sentimento di affezione all’uno o  all’altro, a questa o quella cosa. Il tempo dedicato è misura d’amore nei gradi differenti della sua espressione, che vanno da quello vero a quello che non lo è più e che tale non è mai stato vero, raggiungendo il punto in cui il tempo è perduto. Dall’altro capo c’è il tempo vero, donato a chi continuiamo ad amare. È il legame che stabilisce la misura del tempo della cura, dell’attesa, dell’amore. 


C’è un tempo sospeso dal quale ripartire?
Un giorno capii da un detenuto quello che non ho mai più perduto. Mi parlava di quel che avrebbe fatto, dei libri che avrebbe letto e delle sue prospettive di vita. Chiesi quanto tempo avesse ancora da scontare in prigione, chi mi stava vicino mi disse che aveva ancora da restarci almeno una decina d’anni. Capii allora, e non ho più dimenticato, che il futuro non è solo quello che in grammatica si chiama “futuro anteriore”. Capii il “futuro interiore”, che non ha una grammatica che non sia quella del proprio sentire. Ecco, il futuro non è quello che verrà dopo, domani o appena avrò finito di scrivere questa pagina, il futuro è quel che scegliamo adesso di raccontare. Quando allora si sente dire che i nostri ragazzi non hanno futuro, bisogna intendere che è del presente che mancano, di un presente che non è raccontabile, senza tempo. “Futuro”, ripeto spesso, è una parola strana, perché implica un “fu” in posizione di participio di un tempo del non ancora. Bisogna intendere allora come Il futuro è quel che del presente adesso scegliamo di raccontare come nostro passato. La scelta dice del proprio futuro. Quel che sceglieremo di raccontare come nostro passato, quel che scegliamo di passare, il nostro stesso passo, l’incedere nella vita della nostra esistenza. Da qui bisogna ripartire, adesso, ora, senza sospendere il tempo.

Intervista a Giuseppe Ferraro
Prof. Ordinario della Cattedra di Filosofia Morale dell’Università Federico II di Napoli

Il tempo nel romanzo è fondamentale...il lettore viene guidato dal passato al presente e viceversa.