lunedì 15 aprile 2013

Paese Sera.

Paese Sera era, inizialmente, il nome dell'edizione pomeridiana del quotidiano Il Paese di Roma, fondato il 21 gennaio del 1948 per iniziativa del Partito Comunista Italiano allo scopo di disporre – nei mesi immediatamente precedenti alle elezioni del 18 aprile, con il clima politico pesantemente surriscaldato dalla contrapposizione tra DC e Fronte Democratico Popolare – di un organo di informazione che si ponesse in alternativa degli altri quotidiani romani Il Messaggero e Il Tempo, in quel tempo entrambi di orientamento conservatore.
Pubblicato dalla società GATE di Amerigo Terenzi, ex amministratore del quotidiano l'Unità, il giornale ebbe come primo direttore Tomaso Smith, già caporedattore de Il Messaggero prima dell'avvento del fascismo, e quindi fondatore nell'immediato dopoguerra del quotidiano Il Momento.
All'edizione principale seguirono le edizioni del pomeriggio con la testata denominata Paese Sera. Alla fine degli anni cinquanta e per tutti gli anni settanta aveva sei edizioni giornaliere. Alla fine degli anni cinquanta il nome si trasformò definitivamente, anche per l'edizione del mattino, in Paese Sera, soppiantando la testata Il Paese. Il primo numero dell'edizione del pomeriggio uscì il 6 dicembre del 1949, e ben presto Paese Sera acquisì un'ampia diffusione, soprattutto grazie ai suoi articoli di "cronaca nera" e di "cronaca rosa".
La crisi cominciò a far sentire i suoi effetti con la concorrenza di nuovi quotidiani come La Repubblica e Reporter. Anche l'espandersi del fenomeno delle emittenti radio e TV private contribuiva a sottrarre lettori al giornale, mentre già era iniziato il lento abbandono del giornale ad opera del PCI che, evidentemente, non contava più sull'appoggio di una testata "collaterale", nonostante il giornale nel 1980 vendesse ancora 100.000 copie al giorno più 13.000 in abbonamento. La proprietà del giornale venne così ceduta da Terenzi alla società Impredit, che il 3 aprile del 1983 inviò le lettere di licenziamento a tutto il personale. La chiusura "d'autorità" di uno dei maggiori quotidiani nazionali destò scalpore.