giovedì 10 ottobre 2013

Thule, noir ambientato in carcere: l'autore è il direttore.

In carcere si scrive molto. Per i detenuti scrivere rappresenta uno sfogo, una presa di coscienza, una fuga. E qualcuno ci riesce anche bene e diventa, ma forse lo era già, grande poeta (Nâzım Hikmet-Ran ad esempio) o valente scrittore (tra gli americani mi vengono in mente Caryl Chessman e più recentemente Edward Bunker, tra gli italiani penso a Carmelo Musumeci, a Sandro Bonvissuto e anche a Massimo Carlotto, il principale esponente della narrativa noir in Italia, che deve molto del suo lavoro alle conoscenze maturate nell'ormai lontano periodo della sua carcerazione).
Ma la sorpresa-novità è che la "vena letteraria nata in carcere" questa volta ha "toccato e colpito" un direttore di carcere che fino a qualche tempo fa conoscevo come autore di saggi scientifici e manuali per la formazione e l'aggiornamento del personale dell'Amministrazione penitenziaria e che ora scopro come scrittore di un noir ambientato a Regina Coeli.
Parlo di Carlo Brunetti e il titolo del suo romanzo è Thule, il segno del comando, 300 pagine, dove il protagonista è proprio il direttore dell'Istituto, giovane e brillante che si trova improvvisamente alle prese con un pestaggio e un suicidio-omicidio (se l'uno o l'altro si scoprirà leggendo).
Ma c'è di più, c'è anche la storia in questo romanzo, o meglio ci sono misteri e riferimenti che vanno indietro nel tempo, a Himmler, alle SS, alle spedizioni in Tibet in cerca delle origini del Reich, a Odessa, al ruolo del cardinale Montini (futuro Papa Paolo VI) nella fuga di molti gerarchi nazisti.
Un bel lavoro questo di Carlo Brunetti e del tutto nuovo nel suo genere: se fino a ieri eravamo abituati a poliziotti che diventano giallisti come Maurizio Matrone (Fiato di Sbirro, Delitti per le feste...), a magistrati che diventano autori di saggi e romanzi come Gianrico Carofiglio (il Silenzio dell'onda, Cocaina...) e Gianni Simoni (Il caffè di Sindona, Pesca con la mosca...), ecco adesso il direttore di carcere scrittore. Caso unico, così credo, in Italia.
Mi dice Carlo Brunetti: 
Ho voluto realizzare un romanzo giallo ambientato in un carcere e dove i protagonisti sono il direttore, gli agenti, gli operatori tutti di questa complessa realtà e naturalmente i detenuti. Per far vedere il carcere per quello che è con gli uomini che vi sono al suo interno. Contro il pregiudizio che fa parlare del carcere come qualcosa di ignoto e asfittico... quando al contrario racchiude persone...
Prendo il suo libro. A pagina 21 e seguenti il protagonista, il neo direttore di Regina Coeli Carlo Maria Ferrero, alle prese con un pestaggio avvenuto in cella, ragiona così:
Non era quella l'idea del carcere che aveva in testa e sebbene la violenza facesse parte della reclusione, così, gratuita, anche dopo anni di lavoro, non la sopportava, non la comprendeva... Certo la violenza abita il mondo fin dalla sua nascita... ma qui in carcere era diverso...era una violenza più profonda e odiosa. Di un potente contro un indifeso. Di un sistema contro un elemento. Dello Stato contro un individuo. Detenuto. Ma chi detiene cosa? Il carcere detiene gli uomini e la loro libertà. I rinchiusi detengono la colpa?...
Riflessioni sulla pena a parte, il romanzo ci porta a fare conoscenza con personaggi come il carismatico detenuto modello Reiner "aria di un lupo bianco, occhi grigi e taglienti, zigomi scuri...bibliotecario, archeologo, studioso di religioni e orientalista, classe 1908 e simpatizzante, diciamo di destra, detenuto in attesa di giudizio per aver partecipato all'organizzazione di un attentato terroristico, il 2 agosto 1969..." o come il cappellano Mirko Juric che inavvertitamente scopre gli avambracci dove "una serie di cicatrici disegnavano una ragnatela di cui non si intuiva la fine. Al centro, una piccola croce attorniata da una lettera: U".
Tutti tratteggiati con maestria come anche i personaggi minori o come quelli che restano nell'ombra ma che tessono le loro trame. Tra tutti ovviamente emerge Carlo Maria Ferrero il direttore del carcere che si porta dietro il suo personale confronto-scontro col padre "mio padre non si preoccupa di nessuno se non di se stesso: la magistratura serve solo a lui, al partito, alla sua carriera...".
E che da direttore di Regina Coeli diventa anche investigatore. Investigatore dentro il carcere romano dove, all'insaputa o meno dei vertici dell'istituto, si tengono culti misterici, dove fanno la loro comparsa una fantomatica signora Wilson, i servizi segreti, la Cia... in un tutt'uno pericoloso e pieno di suspance.
Ma dove alla fine Ferrero "troverà presto la via per leggere i fatti ... dove troverà nemici, personaggi ambigui, ma anche amici...[rinchiusi] in un mondo piccolo, un microcosmo, dove tutto sembra più grande di quello che è. E dove per ogni evento che turba il suo equilibrio ce ne sarà un altro che lo ristabilirà..."...[fino al momento in cui] "le forze oscure di un qualsiasi male sarebbero svanite per sempre, perché ora il cielo ha davvero una regina".
"Thule, il segno del comando" (in attesa che venga edito da qualche casa editrice) si acquista in rete tramite il mio libro.it. Forse il primo di una serie di gialli ambientati in carcere come è nelle intenzioni di Carlo Brunetti, dirigente penitenziario, professore di diritto e ora scrittore di noir.




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