Roma 3 luglio 1970, Biblioteca del
Carcere di Regina Coeli
Ore 19.00
******* si trovò di fronte
gli occhi di ******* appena entrato in cella.
Uno sguardo mai visto, oltre il
maligno, senza fondo, come se la bestia umana fosse riemersa dalle profondità
di Lhasa dopo un viaggio di trent’anni, emersa dal buio che s’era fatto intorno
e fosse li, la bestia, per prenderlo con sé.
“Tu sei l’uomo della fine. Della
nostra fine. Sei un Vizio che ha decretato il termine della nostra era. Hai
seppellito per sempre Agharti sotto un cumulo di macerie”.
******* rimase inchiodato
nel buio, paralizzato in un silenzio che risaliva lontano dalla memoria e
cancellava lo spazio angusto della cella in cui lo avevano rinchiuso. Il gelo
cominciò ad arrampicarsi dal basso lungo il suo corpo come trent’anni prima
nella radura bianca ed infinita nella quale s’era perso alla ricerca del suo
destino. Si sforzò di trovare una parola che rompesse il ghiaccio e lo
riportasse al presente ma nemmeno il respiro riusciva a farsi strada nel vuoto
della gola secca.
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